NOTE STORICHE

Trasformare in vivente il non vivente, in umano l’oggetto inerte, è una delle più antiche attività dell’uomo, connessa alla produzione mentale del mondo come fondamento progettuale per il suo fare pratico e simbolico. L’impulso a imitare la vita e dare vita con figure materiali ai fantasmi dell’immaginazione è universale. La marionetta e la maschera sono soltanto due aspetti di una stessa fuga da sé che è anche ricerca di sé, ricerca dell’Altro che è anche un nascondersi dall’Altro. Le figure animate si trovano di conseguenza in quasi tutte le culture, anche se sotto forme diverse e talvolta non facilmente individuabili come marionette vere e proprie. In Africa per esempio è quasi impossibile distinguere tra marionette e altri oggetti di culto o di spettacolo. Ci limitiamo a tracciare le grandi linee di sviluppo del teatro animato in Europa.
Una caratteristica del teatro, e ancora più del teatro animato, è quella del forte legame tra il pubblico e lo spettacolo. Il pubblico, infatti, con i suoi umori, le sue identità sociali, è determinante, come ha ricordato Bogatyrev, nel rapporto comunicativo teatrale. I cambiamenti sociali, pertanto, siano essi il risultato d’eventi bellici e rivolte ovvero di trasformazioni pacifiche, come quella che l’Europa ha vissuto dal secondo dopoguerra a oggi, determinano il sorgere di nuovi tipi di spettacolo e lo spegnersi di altri.
Una caratteristica delle figure animate è che si prestano rappresentare esseri sovrannaturali: dei, diavoli, spettri, maghi, streghe o animali fantastici come centauri, ippogrifi e draghi. Questa loro peculiarità ne ha favorito l’utilizzazione in riti e spettacoli sacri. Addirittura a Giava, ufficialmente paese mussulmano, che non dovrebbe prevedere figure antropomorfe per raffigurare il sacro, gli spettacoli rappresentano antichi miti indù, leggende di dei ed eroi considerati come antenati.
L'esatta identificazione delle figure animate utilizzate nel teatro e le loro tipologie presentano serie difficoltà di riconoscimento. Sino alla prima metà del 1900 i termini: burattino, marionetta, fantoccio e pupo, venivano considerati sinonimi. La mancanza di una distinzione ha creato problemi agli studiosi di storia del teatro. Le notizie relative a spettacoli presenti in documenti anteriori agli anni Cinquanta non permettono infatti con certezza di stabilire di che tipo siano le figure animate utilizzate. Solo dopo la seconda guerra mondiale si è imposta una distinzione che tiene conto sia della tecnica di animazione sia della struttura della figura.
Burattini sono denominate le figure mosse dal basso calzate a guanto. Per marionetta s’intende la figura animata dall’alto mediante un sistema di fili più o meno complesso. Il pupo, legato peraltro in Italia ad un ben preciso repertorio, è la marionetta animata dall’alto utilizzando due stecche di ferro per testa e braccio destro e un filo per il sinistro.
Le prime notizie che abbiamo in Europa di spettacoli con marionette riguardano rappresentazioni che si svolgevano nelle chiese. Erano "misteri" che venivano rappresentati con figure mobili davanti agli altari, come quello di Dieppe svoltosi nel 1443 di cui ha parlato Bil Baird. Questo autore dà inoltre un quadro abbastanza ricco della situazione del Medioevo e del Rinascimento. Pare che già nel mistero di Dieppe interveniva un personaggio comico che divertiva il pubblico con le sue battute. A quanto pare il successo di questa figura era così grande che ben presto suscitò discussioni accese all’interno dello stesso clero, fra chi trovava scandalosi questi spettacoli e chi invece li difendeva, considerandoli efficaci mezzi didattici per istruire i fedeli nella dottrina cristiana. Il risultato fu che a un certo punto le rappresentazioni sacre furono estromesse dalle chiese per continuare sui sagrati. L’intervento di figure comiche in spettacoli seri è generale e non soltanto in Europa. Nelle rappresentazioni del Mahabharata, nei Paesi orientali, questi personaggi si presentano come servitori, sia dei nobili buoni sia dei demoni, ma sono in verità demiurghi, trickster, traduttori, e aiutanti magici.
Le rappresentazioni sacre della Natività erano comuni in Polonia col nome szopka (mangiatoia) e continuano ancora oggi. La scenografia è costituita da una cattedrale sulla quale piccoli personaggi si muovono su vari livelli rappresentando contemporaneamente episodi diversi. Questo tipo di teatro si trova anche in Ucraina e nella Bielorussia dove si chiama betep (Betlemme).
La prima testimonianza di teatro animato profano è un’incisione su legno del XII secolo raffigurante due personaggi armati che si combattono su un tavolo, tenuti da corde mosse da due persone ai lati del tavolo. Nel manoscritto fiammingo Li romans du bon roi Alixandre, del XIV secolo vediamo due rappresentazioni con burattini. In una delle due è rappresentato un duello cavalleresco, nell'altra uno dei personaggi sembra brandire un bastone simile a quello di Pulcinella e di Punch.
Le testimonianze sicure intorno a spettacoli di marionette nel Medio Evo e nel Rinascimento sono relativamente poche, ma sufficienti per farci intravedere una vivace presenza probabilmente in tutta l'Europa non soltanto di recite sacre, ma anche profane, nelle corti e nelle piazze. Qui erano, come continuarono a esserlo quasi fino a giorni nostri, un significativo strumento di lavoro per venditori e imbonitori.
Nel Seicento il quadro si fa più articolato. Accanto ai vecchi si diffusero nuovi personaggi e nuovi tipi di spettacoli. Sembra che l’Italia sia stato il Paese da dove venivano la più parte dei marionettisti e burattinai. Arrivavano negli altri Paesi con spettacoli di Pulcinella e altri personaggi della Commedia dell’arte. Le recite incontrarono il favore del pubblico e i marionettisti del luogo cominciarono a imitarle, introducendo figure nuove e adattando le rappresentazioni alla cultura locale. E' la storia di Pulcinella napoletano che va in Francia e diventa Pulichinelle e in Inghilterra dove viene chiamato Punchinello. E’ il momento in cui prende piede in tutti i Paesi d’Europa questo spettacolo popolare con figure, che con nomi diversi, e inventate in epoche e luoghi diversi, continuano ancora oggi a esistere con una loro identità di base che resta sempre la stessa. Queste figure si chiamano in Inghilterra Punch e Judy, in Francia Guignol, in Germania Hanswurst e Kasperle, in Polonia Petruschka, In Spagna Don Cristobal, in Danimarca Mester Jakel,
Sugli spettacoli animati dei secoli XVII e XVIII abbiamo una notevole ricchezza di notizie che testimoniano, col passare degli anni sempre più contrapposte e lontane, le pratiche teatrali di piazza e quelle dei teatri e dei salotti. Nei confronti delle attività dei burattinai e degli altri artisti girovaghi e marginali le autorità mantenevano una attitudine di sospetto anche perché i dialoghi improvvisati sfuggivano alla censura. Un po’ dovunque disposizioni legislative ne limitavano l’attività, ma verso la fine del Seicento la severità della censura cominciò a attenuarsi.
Tutt’altra è la storia degli spettacoli di marionette per gli ambienti aristocratici che, dalle regge e dai palazzi, si diffusero progressivamente in seguito a più vaste cerchie borghesi. Nel Seicento il teatro delle marionette si affermò come momento della vita teatrale e musicale dell’aristocrazia. Si eseguivano nei saloni dei grandi palazzi, per un pubblico esclusivo e raffinato, rappresentazioni di soggetto religioso, o derivato dalla Commedia dell’Arte o dal melodramma, stando attenti a rispettare le autorità religiose e civili e le regole della "buona creanza".
Nel 1652 il gesuita Domenico Ottonelli nel suo Della Christiana moderazione del theatro prima giudica molto severamente i burattini di strada chiamandoli “infami ministri della disonesta e mezzani della eterna dannazione", poi parla di tre tipi di figure che rappresentano soggetti religiosi: le ombre, le marionette a fili e le marionette che scorrono su binari. Le ombre rappresentavano azioni sacre prese dall’Antico Testamento che venivano illustrate da una voce recitante, mentre i personaggi rimanevano silenziosi. Le marionette a fili erano mosse da una bacchetta di ferro per la testa e da quattro fili di seta per muovere gli arti. Erano separate dal pubblico da una rete al proscenio per dissimulare i fili di manovra. Le marionette del terzo tipo, inventate da Bartolomeo Neri, matematico, scorrevano su binari mossi da contrappesi. Le une e le altre rappresentavano soggetti sacri cantati.
A Venezia gli spettacoli aristocratici divennero per la prima volta pubblici. Per iniziativa di nobili un teatro che presentava i prodotti più raffinati della cultura del tempo si aprì a un pubblico eterogeneo e molto più vasto di quello dei teatri privati. Anche lo spettacolo musicale con marionette partecipò a questo cambiamento. La prima opera per marionette fu scritta da Filippo Acciaiuoli che aprì un teatro a Firenze nel 1670. A Parigi invece si scatenò una violenta disputa tra il vero teatro e il teatro delle marionette. Era l’epoca di Lulli e di Moliere, questi e gli altri autori e attori del teatro, approfittavano delle loro amicizie con la Corte per far chiudere i teatri delle marionette. Soltanto nel 1720 il parlamento convocato per emanare disposizioni in questo settore stabilì delle regole: i personaggi potevano essere in più di due sulla scena a parlare con la propria voce, malgrado i sostenitori del teatro tradizionale avessero cercato di imporre restrizioni alle marionette come l’uso della pivetta o pratique.
Per tutto il Settecento lo spettacolo d’animazione continuò a riscuotere un grande successo. In tutti i palazzi si costruirono piccoli teatri, e le famiglie che non ne avevano invitavano compagnie professionali per allietare le feste. Artisti di fama sceneggiarono appositamente dei testi per marionette: così Pierjacopo Martello bolognese, autore della “bambocciata” Lo Starnuto di Ercole. Si rappresentavano sulla piccola scena anche spettacoli che avevano avuto successo sulla grande. Si rappresentavano così con marionette commedie di Goldoni e fiabe di Gozzi. Per ironizzare sui personaggi del teatro ufficiale i marionettisti parigini inventarono l’opera comique.
Dalla fine del Settecento, con la crisi della società aristocratica, e per tutto l’Ottocento, il teatro di piazza, in armonia con lo spirito dei tempi, si carica sempre più di umori ribelli. I burattini diventano veicolo di protesta sociale e di satira politica e i burattinai vengono perseguitati dalla polizia. D’altro canto negli stessi anni si manifesta l'interesse romantico delle classi colte per le manifestazioni della cultura popolare. Gli spettacoli dei burattini si diffondono dalla città alle campagne. Verso la meta del Secolo i burattinai si dotano di baracche più grandi e gareggiano con i marionettisti nel presentare un repertorio drammatico e avventuroso nel quale tuttavia alle maschere tradizionali resta un ruolo molto importante. Alcuni burattinai continuano a usare come protagonisti maschere della Commedia dell’arte, altri inventano personaggi nuovi che rappresentano tipiche figure locali. In Italia per esempio Rugantino (Roma), Gioppino (Bergamo), Sandrone (Modena), Fagiolino e Sganapino (Bologna), Peppennino (Catania), Nofrio e Virticchio (Palermo),Gianduja (Torino) mentre Napoli resta fedele a Pulcinella.
L’Ottocento è il periodo in cui alcune modifiche tecniche alle marionette ampliano le tipologie. L’asta centrale di ferro viene sostituita da due fili ai lati della testa. In questo modo i movimenti della marionetta diventavano ancora più leggiadri e imprevedibili. Era necessaria una grande abilità per muoverli in modo espressivo e accattivante. Per questo riscossero grande successo marionettisti particolarmente virtuosi.
A Roma e a Napoli la marionetta mantiene il ferro, più adatto a spettacoli popolari spesso girovaghi. A un certo punto il repertorio cavalleresco che pur era presente nel generico repertorio di queste marionette prende il sopravvento. Lunghe rappresentazioni che si susseguono sera dopo sera per molti mesi, raccontano le storie di Carlo Magno e i suoi paladini e altre avventure eroiche. A Napoli e in Sicilia le marionette si vestono anche di armature metalliche splendenti e prendono il nome di pupi. Marionette simili si trovano anche in Belgio e nel Nord della Francia, nei paesi dell'Europa dell'Est e in Portogallo. Per distinguerli dalle altre si indicano come marionette a asta.
L’Ottocento è il grande secolo del teatro di animazione. Compagnie fioriscono dovunque e se ne vedono di tutti i tipi. Particolarmente interessante è la compagnia delle ombre cinesi di Seraphin che aveva un grande successo a Parigi con spettacoli spesso di contenuto politico. Le ombre erano nere ritagliate in cartone. Un altro teatro d’ombre che aveva un gran successo, era quello di Henri Rivière e Caran d’Ache, che iniziò con le rappresentazioni di Le Chat Noir in un piccolo cabaret per poi trasferirsi in un teatro. Le loro ombre erano di zinco e coperte di carta colorata nelle parti forate.
Nel Nord Europa erano di moda i teatrini con figure di carta incollate su cartone, ritagliate e dipinte. Erano teatrigiocattolo, ma spesso a essi erano più interessati gli adulti. Le figure erano rigide attaccate a delle bacchette con cui venivano manovrate. La scenografia invece poteva essere simile a quella dei grandi teatri con prospettive profonde e elaborate illuminazioni. Pochi giorni dopo la prima, di una nuova recita in teatro, si potevano comprare il testo e i fogli raffiguranti le scene e i personaggi da ritagliare per poi fare tutto in proprio.
Nell’Ottocento marionette e tecniche scenografiche si fanno più complesse. Di queste fra l’altro si sa ben poco perché i marionettisti le tenevano segrete per non essere imitati dagli altri. In realtà tutti i trucchi venivano ripetuti dopo poco tempo in quasi tutti gli altri teatri. Grandi compagnie erano quasi sempre in tournée e avevano a disposizione treni con i quali si trasferivano e dove dormivano. Una delle compagnie più note era quella di Holden che viaggiava in tutta l’Europa e negli Stati Uniti. Gli spettacoli di queste compagnie erano di tipo popolare e i loro teatri con panche mobili potevano contenere fino a mille persone.
Accanto a tutti questi spettacoli, più o meno popolari, si manifesta alla fine dell’Ottocento per le marionette un interesse sperimentale da parte d’artisti d’avanguardia. E’ da ricordare il teatro di George Sand, che con suo figlio Maurice creò un teatro di burattini il Théâtre des Amis, con il quale per oltre trent’anni organizzò spettacoli nella sua casa a Nohant. Per questo teatro furono scritte più di centoventi commedie dalla stessa Sand e dai suoi amici. Molti artisti figurativi contemporanei si sono interessati alle figure animate: Klee, Schlemmer, Kramer, gli appartenenti alla Bauhaus, Baj, Kantor, ma anche scenografi come Gordon Craig e Maria Signorelli. La loro attività ha fatto nascere un nuovo modo di fare teatro delle marionette che oggi è presente sulle scene di tutti i Paesi, lasciando poco spazio alle compagnie tradizionali. Le nuove marionette sono spesso il risultato di tecniche miste. Non si può più parlare di burattini, marionette a fili, a asta o a bacchette. I materiali di cui sono fatte le figure sono cambiati. Con la gommapiuma si possono in brevissimo tempo costruire marionette stupende e leggere.
Più di ogni altro la televisione ha influenzato il mondo delle figure animate, mutando radicalmente la quantità e la qualità del pubblico, e in conseguenza il genere degli spettacoli. Da un lato non esiste più netta differenza sociale fra gli spettatori, dall’altro le modalità proprie della comunicazione mediatica hanno imposto scenografie più elaborate e ritmi più accelerati allo svolgimento dell’azione narrativa.

 

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